Un monaco Zen, alla costante ricerca della perfezione, ebbe un giorno fra le mani alcune poesie in perfetto stile Zen.
"Chi le scrive dev'essere molto più avanti di me sulla via della sapienza", si disse. E volle sapere chi ne fosse l'autore.
Gli fu dato un indirizzo. Vi trovò una casupola malconcia, con un giardino pieno di erbacce; dentro, un indescrivibile disordine. Nulla, insomma, di quell'armonia che è l'espressione esterna di un perfetto equilibrio interiore.
Vedendo, accucciato in un angolo, un uomo intento a scrivere, il monaco gli domandò:
"Sei tu che scrivi poesie Zen?", sperando gli rispondesse di no.
"Si, perché?", gli rispose invece l'uomo.
"Perché è impossibile. Io, che pratico da tanti anni lo Zen, so quanta fatica, e rigore, e disciplina mi richieda. E a quanta armonia tutto ciò conduca".
"Il fatto che tu viva lo Zen può forse impedirmi che io lo canti?", gli rispose l'uomo.
Il monaco ritornò sui suoi passi. Lontano gli sorrideva il Fuji Yama, dicendogli che una vetta si può raggiungere per infinite vie.